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Chi è il CTU Psicologo e che ruolo svolge all’interno della separazione conflittuale?
Chi è il CTU e che ruolo svolge all’interno della separazione conflittuale?
dott. Stefano Caruson, dott.ssa Giusy Balsamo
In ambito civile, spesso i coniugi che vogliono separarsi hanno difficoltà a trovare un accordo tra di loro riguardo ad una molteplicità di elementi, tra cui l’affido dei figli. In questi casi la separazione viene definita giudiziale ed è il Giudice a dover stabilire eventuali modi e tempi di affido della prole, nel rispetto del supremo interesse del minore, e può avvalersi di un ausilio derivante dalla competenza specifica propria del Consulente Tecnico (generalmente Psicologo).
La CTU o consulenza tecnica d’ufficio, quindi, viene richiesta in casi particolarmente problematici. Tale condizione, infatti, può essere pregiudizievole per una crescita sana ed equilibrata del minore che in questi casi tende spesso ad essere utilizzato come oggetto di contesa all’interno del conflitto coniugale.
Con l’acronimo comunemente utilizzato di CTU possiamo riferirci tanto all’esperto a cui fa riferimento il giudice chiamato a valutare la capacità genitoriale dei soggetti interessati, quanto all’iter diagnostico-valutativo che ha funzione di fornire al giudice notizie tecniche e supplementari a quelle già in suo possesso.
Qual è l’obiettivo di una CTU?
Il CTU ha unicamente il compito di approfondire la conoscenza, secondo competenze specifiche derivanti dalla propria professionalità, di quelli che sono i legami familiari tra il minore e gli adulti di riferimento, di individuare le migliori condizioni di affido al fine di garantire alla prole un sano ed equilibrato sviluppo psico-fisico.
La funzione del CTU è dunque esclusivamente ausiliaria: il consulente è esonerato dalla responsabilità decisionale mentre è il giudice, in quanto “peritus peritorum”, l’unica figura legittimata in termini decisionali.
La Consulenza Tecnica d’Ufficio ha solo la funzione di fare chiarezza in merito ad una condizione altamente conflittuale che rischia di riversarsi sulle relazioni genitoriali e, di conseguenza, sul minore.
Secondo la guida metodologica che è parte integrante del Protocollo di Milano, che recepisce le disposizioni contemplate dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1989, dalla Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli redatta a Strasburgo nel 1996 e dal Regolamento n.2201/2003 Bruxelles II bis, il compito dell’esperto è quello di riportare al giudice.
“la condizione psicologica e relazionale che connota gli individui che compongono la famiglia, la coppia ed il sistema nel suo complesso, evidenziando punti di debolezza, punti di forza, aree di criticità e risorse utili per attuare cambiamenti evolutivi di segno positivo”;
“valutare le capacità genitoriali per regolare la frequentazione del minore con entrambi i genitori o eventualmente per escludere dall’affidamento uno o entrambi i genitori, l’esperto dovrà tener conto dei criteri minimi relativi alle capacità genitoriali, che riguardano essenzialmente la funzione di cura e protezione, la funzione riflessiva, la funzione empatica/affettiva, la funzione organizzativa (scolastica, sociale e culturale), e il criterio dell’accesso all’altro genitore”;
quest’ultima tematica è fondamentale in quanto denota la capacità di ciascun genitore di riconoscere nell’altro altrettante competenze genitoriali, che esulano dalla dinamica del conflitto coniugale in modo da evitare di agire con i figli una denigrazione strumentale dell’ex partner. Questa situazione è stata identificata più volte in passato nella sindrome di alienazione genitoriale o PAS, concettualizzata da Gardner nel 1985.
Alcuni professionisti utilizzano questa teoria all’interno di quelle che sono le CTU nei processi di affidamento post separativi avvalendosi erroneamente di una diagnosi che non ha nessuna valenza di tipo scientifico, come espressamente affermato dal Ministero della Salute nel 2012, a cui ha fatto seguito nel 2013 la sentenza della Suprema Corte di Cassazione che ha stabilito l’impossibilità di utilizzare in tribunale concetti privi di validità scientifica.
Nel 2014, un Decreto del Tribunale di Milano dichiara l’“inammissibilità di accertamenti istruttori in ordine alla PAS, in quanto la ed. sindrome di alienazione genitoriale è priva di fondamento, sul piano scientifico (Cass. Civ.,sez. I, sentenza 20 marzo 2013 n. 7041), così come si appura dallo sfoglio della letteratura scientifica di settore (da ultimo v. DSM-V)”.
Tuttavia, la nona sezione civile del Tribunale di Milano, con decreto del 9-11 marzo 2017, ha mostrato chiarezza in merito: l’alienazione parentale è un comportamento illecito e non è una patologia. Quindi per il tribunale di Milano “il termine alienazione genitoriale – se non altro per la prevalente e più accreditata dottrina scientifica e per la migliore giurisprudenza – integra un insieme di comportamenti posti in essere dal genitore collocatario per emarginare e neutralizzare l’altra figura genitoriale. Condotte che non abbisognano dell’elemento psicologico del dolo essendo sufficiente la colpa o la radice anche patologica delle condotte medesime”.
Il CTU inoltre è chiamato a
valutare “la relazione tra il minore ed entrambi i genitori; le principali cause del conflitto parentale e dei possibili effetti sullo sviluppo psico-sociale sui figli”, tenendo conto che l’accesa conflittualità tra i genitori, di per sé, è ragione insufficiente a giustificare l’indicazione al giudice per un affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori;
individuare “le aree disfunzionali – siano esse di natura relazionale (conflitti genitori-figli, tentativi di esclusione di uno dei genitori da parte dell’altro genitore, etc.) oppure di origine individuale (psicopatologia di un genitore, alcolismo, tossicodipendenza, criminalità, instabilità comportamentale ed affettiva) e dei possibili riverberi negativi sullo sviluppo psico-sociale dei figli, tenendo presente che così come la salute mentale di per sé non coincide con l’adeguatezza genitoriale, allo stesso modo la presenza di disturbi psicologici o di altri problemi di natura psico-sociale non necessariamente compromette la competenza genitoriale”.
Il CTU ha anche il compito di identificare le risorse potenziali e residuali, del sistema familiare di cui tenere conto nella pianificazione degli interventi che dovranno essere disposti a sostegno della genitorialità; quelle pubbliche e private presenti sul territorio al fine di meglio pianificare gli eventuali interventi a sostegno della famiglia.
Quali strumenti si possono usare per svolgere un’adeguata CTU?
Le indicazioni delineate dal Protocollo di Milano sono utili al consulente affinché quest’ultimo possa all’interno dell’iter valutativo della consulenza tecnica d’ufficio aver ben chiaro i punti da esplorare attraverso i colloqui con i membri del nucleo familiare. La CTU infatti attraverso l’utilizzo di vari strumenti psicodiagnostici tra cui il colloquio clinico e soprattutto i test psicologici (test di Rorschach, MMPI-2, ecc.) , strumenti d’indagine per eccellenza che sarebbe opportuno venissero somministrati da uno psicologo ausiliario del CTU.
La somministrazione di test psicologici è di supporto all’anamnesi clinica che rimane sempre lo strumento d’indagine per eccellenza. Essi mettono in evidenza le caratteristiche di personalità del soggetto, verificano la presenza o meno di indicatori patologici e permettono al CTU di definire in modo oggettivo lo stato attuale del nucleo familiare, i punti di forza e di debolezza, la presenza di eventuali situazioni di pregiudizio per i minori coinvolti.
Quali sono le diverse fasi di una Consulenza Tecnica d’Ufficio?
Volendo delineare per sommi capi le fasi principali che caratterizzano lo svolgimento di una consulenza tecnica d’ufficio nel caso dell’affidamento del minore in situazioni separative conflittuali è possibile rintracciare una fase iniziale nella quale il CTU viene investito dal giudice di tale incarico, a cui segue il giuramento e il primo incontro con le parti dove il consulente ha modo di conoscere per la prima volta la coppia genitoriale. Posto che vi sia un clima di serena collaborazione anche con gli eventuali Consulenti Tecnici di Parte (CTP), vengono stabilite le modalità dei colloqui che si terranno con i coniugi. vi saranno infatti colloqui con i singoli genitori, con la coppia genitoriale sul figlio, con il figlio singolarmente e congiuntamente con i genitori.
Il consulente quindi dopo aver studiato tutti gli atti del procedimento giudiziario prima, si appresta a dare inizio al proprio lavoro utilizzando la metodologia che ritiene più opportuna, ma soprattutto conservando la propria autonomia professionale.
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