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Radiazione “di diritto” per gli psicologi condannati: la pronuncia della Consulta e le nuove frontiere della responsabilità disciplinare

Sentenza Corte Costituzionale 153/2025: addio alla radiazione automatica per gli psicologi condannati
Il 17 ottobre 2025 la Corte Costituzionale ha emesso la sentenza n. 153/2025, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 26, comma 3, della legge 56/1989 nella parte in cui prevedeva la radiazione “di diritto” per lo psicologo condannato in via definitiva a pena detentiva non inferiore a due anni per reato non colposo .
Questa decisione segna una svolta significativa per la deontologia psicologica e per i rapporti fra responsabilità penale e responsabilità disciplinare, restituendo al sistema disciplinare autonomia, gradualità e garanzie.
1. Contesto normativo e problema affrontato
La legge 56/1989 disciplina la professione di psicologo, compresi i poteri disciplinari degli Ordini territoriali e le sanzioni. L’art. 26, comma 3, prevedeva che:
«La radiazione [dall’albo degli psicologi] è pronunciata di diritto quando l’iscritto, con sentenza passata in giudicato, è stato condannato a pena detentiva non inferiore a due anni per reato non colposo.»
In altre parole, se uno psicologo subiva una condanna definitiva con pena uguale o superiore a 2 anni (non per delitto colposo), l’Ordine non poteva fare altro che radiare — indipendentemente da contesto, gravità specifica o decorso personale.
Questa previsione, però, è stata contestata in sede di legittimità costituzionale dal Tribunale di Roma, che nel procedimento tra P.P. A.d.P. e l’Ordine degli psicologi del Lazio ha sollevato la questione (ordinanza del 13 gennaio 2025) .
Il tema centrale: l’automatismo sanzionatorio — sanzione rigida, predeterminata, senza margini decisionali — che poteva collidere con i principi costituzionali di proporzionalità, ragionevolezza e uguaglianza.
2. Il ragionamento della Corte: principi fondanti
La Corte Costituzionale, nell’esaminare la norma, richiama un ampio filone giurisprudenziale in materia disciplinare che condanna gli automatismi che rendono “meccanica” la correlazione fra condanna penale e sanzione disciplinare. Già con decisioni storiche (es. sentenza 971/1988, 40/1990, 158/1990, 197/1993, 2/1999, 268/2016) la Consulta ha affermato che disposizioni che impongono la destituzione o cancellazione di albi per effetto automatico di una condanna violano i principi costituzionali, in particolare il principio di proporzionalità e il principio di autonomia dell’organo disciplinare rispetto al giudice penale .
2.1 Principio di proporzionalità
La Corte sottolinea che una sanzione disciplinare (che è diversa dalla pena penale) deve essere calibrata al caso concreto. Il valore disvalente del reato non può automaticamente determinare la stessa sanzione, senza distinguere fra contesti più o meno gravi.
L’automatismo dell’art. 26, c. 3, impediva qualsiasi graduazione: tutte le condanne definitive ≥ 2 anni avrebbero comportato la stessa radiazione, senza considerare rilievi attenuanti, contesti, risocializzazione, evoluzione del soggetto – così violando il canone di proporzionalità e di ragionevolezza.
2.2 Autonomia dell’organo disciplinare
La Corte ribadisce che l’organo disciplinare non può diventare un mero “esecutore” della sentenza penale: deve poter valutare se, in concreto, la condanna incida sull’idoneità morale e professionale del soggetto a continuare a operare come psicologo.
Anche se il giudizio penale ha accertato la responsabilità, l’organo disciplinare conserva il potere di decidere se e come sanzionare, anche tenendo conto del “grado di incidenza” della condotta sulla qualità della professione. Automatismi che escludono qualsiasi discrezionalità sono contrari ai principi di garanzia e difesa.
2.3 Principio di uguaglianza
Infine, la Consulta rileva una disparità ingiustificata: molte altre categorie professionali o dipendenti pubblici non sono più soggetti a regole analoghe (gli automatismi sono stati abrogati o dichiarati incostituzionali). Tenere un regime speciale solo per gli psicologi, con una sanzione rigidamente fissa, appare discriminatorio e privo di ragion d’essere.
In sintesi, la norma censurata viola l’art. 3 Cost. (uguaglianza), l’art. 3 (parte generale, ragionevolezza e proporzionalità) e i principi impliciti di garanzia del processo disciplinare.
3. La decisione: che cosa ha dichiarato la Corte
In conclusione, la Corte Costituzionale:
Dichiara incostituzionale l’intero comma 3 dell’art. 26 della legge 56/1989 (nella parte che prevedeva la radiazione automatica).
Determina che la disciplina generale degli illeciti disciplinari torna pienamente applicabile anche per i casi di condanna penale.
Stabilisce che il Consiglio dell’Ordine potrà nuovamente, in ogni caso concreto, esercitare il proprio potere discrezionale, scegliendo la sanzione più adeguata – che può includere la radiazione, se ritenuto opportuno, ma non in modo predeterminato e obbligato.
L’effetto è che da quel momento in poi non è più ammissibile alcuna radiazione “di diritto”, né alcun procedimento disciplinare che si fondi esclusivamente sull’esistenza della condanna definitiva.
4. Implicazioni deontologiche e pratiche per la professione di psicologo
4.1 Per gli Ordini territoriali
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Devono adeguare i propri regolamenti disciplinari, eliminando ogni riferimento ad automatismi.
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Nei procedimenti futuri, dovranno motivare la sanzione scelta, acquisire elementi su contesto, gravità, effetto sull’idoneità professionale.
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Potranno valutare attenuanti (es. buona condotta successiva, riparazione, dichiarazioni di pentimento) come parte della decisione.
4.2 Per i colleghi iscritti / già radiati
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Chi è già stato radiato “di diritto” sulla base dell’art. 26, c. 3, può impugnare quel provvedimento, chiedendo la revisione del procedimento disciplinare o la sua nullità per violazione costituzionale.
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Coloro che subiranno in futuro procedimenti disciplinari dovranno attentamente contestare eventuali applicazioni meccaniche e rivendicare il diritto a un processo valutativo pienamente garantito.
4.3 Per l’interpretazione deontologica
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La sentenza rafforza il ruolo del giudizio etico e contestuale nella valutazione disciplinare: la condotta va esaminata nel suo contesto, non solo come fatto “reificato” dalla sentenza penale.
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Riafferma l’idea che la sanzione disciplinare non è una mera “conseguenza meccanica”, bensì uno strumento di tutela della professione e dell’utente: deve mirare all’“idoneità professionale”, non solo alla punizione.
4.4 Rischi residui e questioni aperte
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La discrezionalità può generare difformità territoriali tra Ordini; serve un coordinamento deontologico nazionale per evitare disparità ingiustificate.
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È importante che i codici deontologici e i regolamenti disciplinari siano aggiornati per evitare zone grigie o vuoti normativi.
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In sede giudiziaria, la motivazione delle decisioni disciplinari diventa cruciale: chi subisce la sanzione potrà impugnarla sulle ragioni (o l’assenza di esse) più facilmente.
5. Conclusione
La sentenza n. 153/2025 rappresenta un’affermazione di principi fondamentali: la dignità della persona professionista, le garanzie procedurali, la proporzionalità delle sanzioni e il primato del giudizio critico sull’automatismo.
Per la professione di psicologo, è un passo verso una maggiore responsabilità etico-giuridica: il potere disciplinare si riappropria del suo ruolo di garante — non come mero esecutore, ma come organismo chiamato a giudicare con criterio, equità e attenzione al contesto umano dietro ogni condotta.
FAQ – Domande frequenti
1. Cosa cambia per gli psicologi condannati penalmente?
Non saranno più automaticamente radiati; il Consiglio dell’Ordine valuterà caso per caso l’idoneità professionale e la sanzione proporzionata.
2. Chi può contestare la radiazione automatica già subita?
Chi è stato radiato sulla base dell’art. 26, comma 3, può chiedere la revisione del procedimento o la sua nullità per violazione costituzionale.
3. Gli Ordini devono cambiare i regolamenti?
Sì, ogni riferimento a radiazioni automatiche deve essere rimosso e la sanzione deve essere motivata caso per caso.
4. La sentenza riguarda altre professioni?
La decisione riguarda gli psicologi, ma ribadisce principi applicabili in generale: proporzionalità, autonomia disciplinare e garanzie procedurali.
5. Come si valuta la sanzione disciplinare ora?
Il Consiglio dell’Ordine esamina contesto, gravità, buona condotta, riparazione del danno e impatto sulla qualità della professione.